Il Colosseo nell'anno santo 1900 |
R O M A S I A M O N O I :
Voi penserete che siano le solite menate faziose ma io vi garantisco che invece sono considerazioni fatte a mente fredda e con la massima serenità possibile. Ma dai, rifletteteci, la diversità parte dalla natura delle simbologie identificanti le due squadre: di Roma l’Aquila, fiera, solitaria, nobile, inarrivabile dominatrice dei cieli, che regna dall’alto e che da lì tutto controlla, contro il lupo, subdolo, che si muove solo in branco, spesso sfruttando l’oscurità della notte per scagliarsi contro le sue prede e che nulla domina, se non il proprio infinitesimale lembo di terra. L’Aquila ha inoltre la caratteristica di essere stata, insieme al Leone, la prima effigie dell’Impero Romano, al contrario di quanto sostenuto da molte leggende metropolitane, ad arte create, che vogliono la lupa (ma non il lupetto, attenzione) come simbolo della romanità.
Voi penserete che siano le solite menate faziose ma io vi garantisco che invece sono considerazioni fatte a mente fredda e con la massima serenità possibile. Ma dai, rifletteteci, la diversità parte dalla natura delle simbologie identificanti le due squadre: di Roma l’Aquila, fiera, solitaria, nobile, inarrivabile dominatrice dei cieli, che regna dall’alto e che da lì tutto controlla, contro il lupo, subdolo, che si muove solo in branco, spesso sfruttando l’oscurità della notte per scagliarsi contro le sue prede e che nulla domina, se non il proprio infinitesimale lembo di terra. L’Aquila ha inoltre la caratteristica di essere stata, insieme al Leone, la prima effigie dell’Impero Romano, al contrario di quanto sostenuto da molte leggende metropolitane, ad arte create, che vogliono la lupa (ma non il lupetto, attenzione) come simbolo della romanità.
La simbologia, dunque, come primo elemento distintivo fra 2 popoli diversi, ma a seguirla anche molte altre discriminanti, come ad esempio le origini societarie, poiché la S.S. Lazio nacque il 9 gennaio 1900, per opera di volenterosi uomini, amanti dello spirito sportivo, che vollero così dare un nome alla propria voglia di sport ed alla loro fratellanza, mentre l’as roma nacque nel 1927, per volere del regime fascista (tanto è vero che il nome Roma non fu affatto scelto, quanto assegnato per decreto ministeriale del P.N.F., il Partito Nazional Fascista), dalla fusione di 3 squadre, che da sole non erano in grado di reggere il confronto con la rivale cittadina e con le squadre del Nord Italia.
In quel periodo la città di Roma era, per volere del regime fascista, una città in preda ad un’esasperata politica di accrescimento demografico, con relativa immigrazione di abitanti del meridione, che trovarono spesso accoglienza nelle borgate ma anche in rioni da sempre impregnati di quella VERA Romanità, che vide così 'imbastardito' il proprio patrimonio genetico/culturale.
Breve inciso sull’origine del nome LAZIO:
LAZIO: Il nome ricorda ovviamente l'antico Latium, terra della Gens Latina, i nostri antenati, coloro che solo dopo molto tempo di stazionamento nella loro terra hanno fondato Roma e hanno popolato poi l'Italia. Latium. Ci sono due ipotesi per spiegare l'etimologia di questa parola:
1) dalla voce indoeuropea: (P)LATUS = 'pianeggiante';
2) dal latino LATERE, 'nascondersi' (da cui l'italiano latente e latitante): secondo la leggenda si nascondeva nel Lazio il dio Plutone dopo essere stato spodestato dai suoi figli... e qui trovava il più dolce dei ripari. Latium: terra di Enea, eroe profugo, novello Ulisse che qui ricostruisce la sua vita e la sua civiltà distrutte. Latium: la terra dell'Eneide, la terra di chi ricostruisce ciò che è distrutto dopo mille peripezie. LAZIO: la squadra di chi, come Enea, per vincere deve soffrire mille volte più degli altri, ma quando vince gode diecimila volte più degli altri...
Detto ciò bisognerebbe passare ad analizzare la differenza della passione con la quale le 2 squadre capitoline sono e sono state seguite negli anni: attualmente i sostenitori dell'as roma si vantano di essere numericamente dominanti, diciamo nella proporzione di 8:2, e, sebbene con proporzione inferiore, questo è senza dubbio una verità inconfutabile, ma dalla quale va certamente scissa qualsiasi valutazione qualitativa.
Il bambino Laziale, è infatti spesso in netta minoranza numerica fino dalle elementari, ed è costretto a subire le angherie e le prese in giro di tutti i suoi compagni, che, forti della propria superiorità numerica cercano inutilmente di farlo pentire della propria scelta. Purtroppo per loro, però, Laziali non si diventa ma si nasce, la Lazio non sarà mai una moda, ma rimarrà per sempre una passione, nobile e per i soli che nonostante tutto hanno il coraggio di lottare per le proprie idee e le proprie passioni. Il Laziale è spesso solitario nella sua fede, quindi, salvo incontrare lungo il proprio cammino qualche altro aquilotto che condivida la sua “diversità”, con il quale instaura un forte legame che spesso si traduce in indissolubili amicizie, al contrario del romanista, il quale si sente protetto dal branco, e vede nella “comitiva” la propria unica fonte di contatto sociale. L’attuale gioventù Laziale, è stata inoltre provata dalle situazioni, spesso drammatiche, in cui la S.S. Lazio si è trovata negli anni ’80, con lo scudetto giallorosso e le ormai celebri disavventure societarie della propria squadra del cuore. Tutto questo si traduce chiaramente in un attaccamento molto più radicato verso di essa, e in una costanza numerica del seguito biancoazzurro, che va oltre i semplici risultati sportivi. Caratterialmente il Laziale è una persona piuttosto spavalda, è orgoglioso, originale, e tende a seguire coerentemente una propria linea di pensiero, sia in ambito sportivo, che in ambito sociale, mentre il romanista è piuttosto caciarone, folkloristico nell’espressione dei propri stati d’animo, ai limiti della macchietta, tende ad inclinarsi verso ciò che gli fa più comodo ed a rifugiarsi nel gruppo, visto il senso di protezione che questo gli da.
L’esempio più eclatante di queste diversità lo si è avuto in occasione dei festeggiamenti per lo scudetto romanista, 2001: l’anno precedente, quando lo scudetto fu vinto dalla Lazio, ci fu una festa spontanea, la sera stessa dello scudetto, al Circo Massimo, alla quale presero parte circa 500.000 persone, e che lasciò comunque la città come l’aveva trovata, così come essa venne rispettata nei mesi a seguire. Roma fu insomma ACCAREZZATA dalla gente laziale, che ebbe rispetto per quella che da sempre è casa propria. Nel giugno 2001 invece, circa una settimana dopo la conquista dello scudetto, e quindi con un’organizzazione alle spalle, venne organizzata una festa per lo scudetto giallorosso, alla quale, secondo stime attendibili, pare abbia preso parte circa un milione di persone. La festa consistette nel concerto di un noto cantautore (di Campobasso), palesemente alla ricerca di un modo per rilanciare la propria declinante carriera, nello spogliarello di un'attrice di Fiano Romano, nota soprattutto per aver cambiato fede calcistica per motivi “professionali”, nella passeggiata sul palco di un presidente originario di Visso (vi ricordate la frase "se non scendete la festa non proseguisce...?" - clicca qui) e di un romano di Porta Metronia con carenze culturali (clicca qui) e di comportamento (clicca qui).
Ora, se ci si fosse limitati a questo, nulla di male, ci sarebbe stato da vergognarsi, ma nulla di male, solo che purtroppo, a corollario di questa “festa”, si è assistito a scene vergognose, tipo il deturpamento dei Fori Imperiali, le scritte su monumenti e la trasformazione della città in quello che sembrava essere un Circo, con stracci appesi ovunque, scritte sui muri, macchine dipinte a mano e imbottite di qualsiasi animale di peluche; la città è stata, in poche parole, SCHIAFFEGGIATA. E proprio uno di questi animali è balzato agli onori delle cronache per essere divenuto l’emblema del moderno “essere dell'as roma”: IL BRUCO, se ne vedono ormai di tutti i tipi e di tutte le grandezze. La cosa che più fa pensare è però che qualsiasi persona prima si disinteressasse di calcio si è trovata a “scoprire” di essere dell'as roma, e fanno ormai la fila i vip per farsi fotografare allo stadio, dimostrando in questo modo la natura del tifo giallorosso: Moda, concetto non valido certamente per tutti, ma per la maggioranza dei tifosi romanisti attuali.
Passiamo ora ad analizzare la storia recente delle due tifoserie organizzate, partendo, per non andare troppo oltre, dalla fine degli anni ’80, periodo in cui fanno la propria comparsa in Nord dapprima gli Eagles Supporters e poi gli Irriducibili. Da sempre il tifo Laziale è stato unanimemente riconosciuto come uno tra i più estrosi e passionali dell’intero panorama Ultras italiano ed europeo, e così poteva dirsi di quello dell'as roma negli anni ’80. Ad un certo punto però, mentre i Laziali avvertirono la necessità di un cambiamento radicale del modo di fare tifo, orientandosi verso lo stile inglese, fatto di cori incessanti, accompagnati dal solo uso ritmico del battito di mani, di sciarpe popular, di stendardi, di hats (il classico cappellino da baseball con la visiera), e di apertura alla lingua d’oltremanica, i romanisti decisero di rimanere ancorati ad abitudini e stili ormai logori e sorpassati, come l’uso dei tamburi e del termine “ULTRA’”, contrapposto al termine “ULTRAS” utilizzato in Curva Nord. Con il tempo, mentre la tifoseria Laziale si compattava intorno agli Irriducibili, dando vita a spettacoli coreografici multiformi, spettacolari e fantasiosi, ripresi anche da marche come la Coca Cola per i propri spot, la curva sud romanista viveva un momento di crisi con lo scioglimento del C.U.C.S. e la fondazione degli asr ultras, recentemente scioltisi a loro volta; questo momento, ancora in parte perdurante, ha prodotto una costante opera di emulazione, in tutto e per tutto, del modello introdotto dalla Curva Nord, sia in campo di impostazione concettuale, che di esecuzione del tifo, per finire con il materiale come sciarpe, hats e bandiere. Ne deriva dunque l’immagine di una Curva unita, compatta, animata da ideali e stili del tutto comuni, contro l’immagine di una curva in cui, malgrado gli sforzi di pochi volenterosi, a cui va comunque reso onore, vige una certa confusione, figlia di un vuoto di potere mai del tutto colmato, ed ora acuitosi.
Sintomatiche alcune “prestazioni” nei derbies delle 2 curve, con la sud quasi sempre incapace di proporre coreografie degne di tal nome. Tale ricostruzione può essere piuttosto sommaria, ma purtroppo essa richiederebbe una trattazione ad hoc, per la quale non c’è spazio in questo momento.
Ricapitolando le differenze emerse fino ad ora sono di natura caratteriale, genetica, storica, comportamentale, ma non abbiamo ancora analizzato, se non in maniera aleatoria, il carattere folkloristico delle 2 tifoserie.
Mentre il Laziale COMBATTE per i propri ideali ed i propri diritti (vedi cessione Signori e caos post Juventus-Parma a via Allegri...), il romanista tende a lasciarsi andare ad un PIANTO vittimistico, fatto di continue lamentele, di ipotesi di complotti sotterranei e di un uso dei media, da sempre filoromanisti, a scopo rafforzativo. I media, appunto, da sempre asserviti alla causa giallorossa, e da sempre quasi disturbati dalle vicende Laziali, spesso relegate in secondo ordine rispetto anche ad avvenimenti di dubbio interesse e spesso enfatizzate esclusivamente nel momento in cui esse divengano fonte di polemica o di disturbo dell’ambiente Lazio; un’opera di cesello, insomma, che il tifoso Laziale ha ultimamente però scoperto e che stà portando ad una sua crescente maturità e consapevolezza del dover cercare la Verità tramite le proprie esperienze ed il proprio intelletto.
Le manifestazioni popolari sono poi un ulteriore elemento distintivo, poiché il Laziale predilige cortei, e le feste spontanee, immediate e non ripetitive, mentre il romanista si lascia andare a manifestazioni dal dubbio gusto, spesso preventivamente organizzate, tipo spogliarelli in piazza, cortei presso monumenti con animali al seguito, addobbi di vie e piazze cittadine, e verniciatura selvaggia di muri, serrande, strade (con grosso pericolo in caso di pioggia) e, in alcuni vergognosi casi, di monumenti.
Appare dunque evidente che, malgrado essi con spocchia ed arroganza affermino di essere i veri Romani, i romanisti non siano altro che un tentativo mal riuscito della vera Romanità: arrivarono in città dal meridione negli anni ’20, fondarono una squadra di calcio nel 1927, dalle ceneri di altre squadre pre-esistenti e per volere del regime fascista, hanno atteggiamenti e gusti a dir poco folkloristici, (basta andare in giro in un qualsiasi centro commerciale e vederli in giro con la tuta della squadra e i mocassini) non hanno rispetto per la Città che li ospita, non ne conoscono la storia ed anzi se ne creano una a proprio vantaggio, spacciandola poi per reale.
E’ dunque per tutta questa serie di motivi che noi Laziali non ci riteniamo paragonabili a loro. Ci chiamano i burini, i pecorari ma noi c’eravamo dall’inizio, noi conosciamo la nostra storia, le nostre origini, noi abbiamo combattuto, siamo caduti per i nostri errori e ci siamo sempre orgogliosamente rialzati, sempre pugnaci, mai domi, con la dignità di chi lotta per un ideale e di chi segue sempre e comunque i propri principi, senza piegarsi a compromessi e senza mai indietreggiare, senza paura, con gli occhi dell’Aquila, a testa alta, nella gioia e nel dolore, oggi più di ieri e meno di domani, perché NOI SIAMO I VERI EREDI DELLA ROMA IMPERIALE, noi siamo i depositari di quell’ardore, di quel coraggio e di quella superiorità che portarono i nostri antenati a dominare il mondo.
Noi siamo la LAZIO, miei cari signori, perciò sebbene il risultato sportivo possa a volte non arriderci, a Roma siamo i PADRONI di casa...