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Nesta e gli altri: quanto è difficile dirsi addio nel calcio...

Alessandro Nesta
In oltre un secolo di gloriosa storia la maglia della Lazio è stata indossata da tanti e tanti giocatori.
Alcuni sono stati campioni assoluti, capaci con le loro gesta di deliziare il popolo biancoceleste e portare trofei importanti nella bacheca del club capitolino. Molti di questi hanno lasciato la Lazio all'apice della loro carriera per approdare, per ragioni diverse, in altri clubs importanti quanto e più della SS Lazio.
Spesso il popolo biancoceleste (ma ciò in egual misura è da considerare per moltissime altre tifoserie italiane) ha addossato a questi giocatori l'etichetta del 'traditore', nonostante le perle e le emozioni regalate sul campo da gioco. Si, perchè purtroppo nel calcio, molto spesso, non esiste la riconoscenza per quello che si è ricevuto dai calciatori. Nella storia della Lazio troppe volte non si è accettata una separazione “normale” con i personaggi che hanno scritto le pagine più belle della nostra ultra centenaria storia e quasi mai si è verificato un addio sereno e consensuale.
E’ successo con Giordano, con Di Canio, con Nesta e con Nedved, con Roberto Mancini e con Mihajlovic, Vieri e tanti altri...
Calciatori che hanno regalato emozioni indelebili e che, in alcuni casi hanno caratterizzato derbies dominati e soprattutto trionfi nazionali ed europei...
Questo attuale è un calcio che non 'tollera' più i calciatori/bandiera, in quanto ormai difficile, quasi impossibile, vedere un giocatore trascorrere un'intera carriera con la stessa maglia. Ciò non autorizza, salvo le dovute eccezioni, a definire i 'nostri eroi' pallonari traditori della causa che noi tifosi (e solo noi) sosteniamo per tutta la vita.
Bisognerebbe vivere in maniera più serena alcune separazioni, spesso inevitabili per varie ragioni, ma qui bisognerebbe iniziare un discorso di non cultura sportiva complesso e radicato nel tifoso di calcio italiano.

Caso eclatante quello di Alessandro Nesta, il romano più vincente della storia del calcio romano (anche se qualcuno, ovviamente, riesce ad assegnare tale titolo ad un altro personaggio calcistico di dubbio stile e affatto vincente).

Alessandro cresce nel quartiere di Cinecittà, è romano nell'anima e, grazie al papà Giuseppe, diventa, da buon romano, tifoso della Lazio. E' il 1985 e a nove anni viene scoperto nella squadra della sua zona da Felice Pulici e Wolfango Patarca, ma i suoi dirigenti l'hanno già venduto all'as roma per 10 milioni, sulla parola, senza firma di alcun contratto e grazie all'occhio lungo di Francesco Rocca; venuti a conoscenza della situazione, Alessandro e il papà rifiutano categoricamente la roma e si accasano orgogliosi nella Lazio. Proprio Giuseppe racconterà in seguito il retroscena della vicenda: «La roma aveva praticamente acquistato Alessandro e la cosa non mi piaceva. L'accordo era stato raggiunto velocemente. Il patto era che Sandro sarebbe rimasto per altri tre o quattro anni nel Cinecittà, in attesa di raggiungere l'età per accedere ai Giovanissimi della roma». Una prospettiva che agita i sonni del signor Giuseppe, tifoso biancoceleste dai tempi di Sentimenti IV. Quella maglia, per lui, è una fede e rispettando la sua coscienza di tifoso, scarta la soluzione giallorossa di comune accordo con il figlio. Il signor Giuseppe decide quindi  di rivolgersi alla Lazio del presidente Calleri. Telefona alla società, gli dicono che un provino è in programma per la metà di giugno. Alessandro continua a giocare nel Cinecittà. E una domenica, proprio in virtù dell'affiliazione tra la roma e il Cinecittà, prende parte a una sfilata dei settori giovanili sulla pista dello stadio Olimpico. Racconta il papà: «Mi ricordo bene quella data. Io e Sandro assistemmo anche alla partita della roma, che affrontava il Verona. Purtroppo, ci toccò guardare quei colori...». Finalmente arriva il 13 giugno: Alessandro, 'scortato' dal papà, si presenta al campo Stefanino, a San Basilio. La Lazio ha organizzato un provino per trecento bambini, leva 1976. Pulici e Patarca intuiscono di avere tra le mani un potenziale campione, il resto è storia...
Cresciuto con l'ideale LAZIO che solo i Laziali possono capire Sandro è diventato il capitano della Lazio più forte di tutti i tempi, alzando, con la maglia biancoceleste e lo sguardo fiero (quello che solo i veri Romani sanno avere) trofei nazionali ed internazionali.
Ogni tifoso Laziale, compreso il sottoscritto, s'identificò in quel ragazzo romano de Roma, cresciuto in una famiglia umile e ricca di valori (papà Giuseppe operaio nella stazione ferroviaria del Nuovo Salario, mamma Maria Laura casalinga). Alessandro, il ministro della difesa, rappresentava il desiderio di ogni sostenitore Laziale, quello di diventare giocatore e capitano vincente della SS Lazio Calcio.

Quel sogno durò 17 stagioni (comprese le giovanili) ed in particolare dal 1994 al 2002, tra decine e decine di vittorie e tante coppe alzate al cielo; fino a quando il Capitano venne ceduto (ma sarebbe da dire scippato), per motivi indipendenti dalla sua volontà, al Milan di Berlusconi e Galliani.
262 partite giocate con la Maglia biancoceleste, di cui la metà con la fascia da capitano e sette titoli conquistati. Il suo ritorno da “nemico” all’Olimpico, la sera del 28 settembre del 2002, vide il popolo Laziale fischiare 'ingiustamente' il suo Capitano. Molti dissero che avvenne per il troppo amore riposto dal popolo biancoceleste in quel ragazzo timido; forse fu solamente colpa della delusione dovuta ad una cessione dolorosa, che era in sostanza uno spartiacque nella storia della Lazio, in quanto sanciva la fine di un sogno vincente costruito da Sergio Cragnotti...

Io quella sera ero al mio solito posto in Distinti Ovest ed ero triste. In molti fischiavano ed insultano Nesta, io non riuscii a farlo...Mi fece male vedere quel ragazzo cresciuto nella famiglia Laziale indossare una maglia che non fosse a tinte biancoceleste, ma cercai di sforzarmi e di capire che a volte le storie d'amore finiscono, anche se non è colpa di nessuno, anche se non dovrebbero. Ancora oggi che sono passati quasi 10 anni dal suo addio non riesco ad abituarmi nel vedere Alessandro indossare il rossonero; non gli dona, non è elegante, non si addice al suo essere il Franz Beckenbauer moderno, seppur con quella maglia abbia vinto tanti altri trofei prestigiosi.
Per me, ancora oggi, rimane il mio Capitano, il più forte difensore mai visto (se penso che Cannavaro ha vinto il pallone d'oro...) al quale vorrò sempre bene come ad un familiare e dirò sempre GRAZIE per avermi regalato tante e tante gioie...Così come voglio ringraziare Roberto (Mancini), Sinisa (Mihajlovic, ah quanto mi mancano le tue punizioni perfette...), Pavel (Nedved), Bruno (Giordano), Dejan (Stankovic) e tanti altri calciatori che hanno indossato ed onorato la 'MIA' Maglia ...

Grandi campioni, quelli che in Inghilterra verrebbero definiti Legends, una definizione che parla da sè e che spesso in Italia, ed in particolare a Roma, non sappiamo apprezzare ed utilizzare... 


Scritto da Aquila Romana